Stasera c’è una bella luna in cielo. Grande, luminosa, perfettamente rotonda. Una di quelle lune che se la guardi ti ruba gli occhi e non te li restituisce più, mettendoti invece al centro del petto questa malìa vaporosa che ti sospende in aria. Perché, attorno a lei, attorno alla luna, questa notte c’è come una distesa di stelle quiete che splendono da dentro il mare che si è espanso nel cielo. Il mare nel cielo. Di luce bianca, quieta, silente. E il cielo nel mare, che pare abbia fermato il respiro per lasciare fluttuare ogni sussurro.
E io pensavo agli antichi. Sì, perché abbiamo questa storia di milioni di anni alle spalle, e anche a volerla far breve, abbiamo almeno questi 200.000 anni in quanto specie. Duecentomilaanni! E tutti questi uomini, queste donne, che sono stati qui e hanno alzato la testa a questa luna. Una così, come questa sera. E non sapevano che quella era “la luna”, un satellite terrestre, un pianeta; e quelle altre erano “stelle”; e c’era tutto un sistema solare, e le galassie, e lo spazio, e tutta quella roba che anche ad essere arrivati solo alla quinta elementare, o aver assistito a qualche puntata di Quark, lo sai più o meno che roba è, di che si tratta. Ed è forse per questo, anche, che smetti di osservarla.
Ma quelli! Oh ragazzi, quelli! Quelli che per decine di migliaia di anni hanno solcato monti e pianure e coste, che hanno camminato per mille sentieri con gli occhi spalancati, il fascio di nervi e di muscoli di un corpo che vibrava, e nulla sapevano di tutto questo! Cosa vedevano? Quando alzi gli occhi e ti metti davanti a questa roba, e sei un uomo di 20.000 (0 120.000, o 65.000, o 10.000, o 3.000,) anni fa, cosa mai puoi credere? O quando una scia solca quel cielo di luce notturna, nel buio? O quando l’aurora comincia ad accendersi, e quel rosso laggiù, sulla linea d’orizzonte, prende vita, e annuncia quella sfera infuocata che a guardarla ti si bruciano gli occhi? Ma certo che dovevi credere che ogni cosa fosse viva! Ma certo che dovevano esserci Demoni e Ninfe e Spiriti e Dei. Cos’era, cosa poteva mai essere quel fruscio sul manto di foglie ingiallito nel bosco, mentre una lingua di vento che è solo un alito sommuove le fronde più alte? Cosa, se non uno spirito, una creatura invisibile, un’entità misteriosa e segreta che lascia una traccia? Che cosa mai poteva essere per te, il mondo, in una serata come questa, se non la dimora di forze e creature magiche che ti circondano, che stanno tutto a te intorno? E quel disco di fuoco, cosa, se non un Dio possente? E la forza che dopo il gelo e il buio ridava vigore ai virgulti, e tutto intorno la vita e i colori e i profumi esplodevano, cosa, se non il tocco di una qualche entità benefica, di una Dea, viva essa stessa?
Per decine di migliaia di anni le donne e gli uomini hanno vissuto nell’incanto, nello stupore, nel riverente spavento anche, ma nella meraviglia, in un mondo che era il regno sconfinato del mistero. In un Grande Ohhhhhh! E ogni cosa era viva, aveva un’anima, uno spirito, una volontà. Cosa doveva produrre, dentro, tutto questo? Quale forma dava al nostro sentire? Cos’era, essere uomini e donne, in un abisso del genere?
Io capisco il senso del Sacro, del Divino. Non poteva non accompagnare il cammino dell’Uomo. Era impossibile. Il Numinoso, il Misterioso, il Segreto, l’Altro e immensamente più Alto. Ognuno di quei cacciatori, di quei raccoglitori, aveva l’immensità dentro. Da far vivere coi riti, con le storie, con le cosmogonie, i racconti dell’inizio, il dialogo coi morti, con gli spiriti, con le creature magiche. Tu eri piccolo, ma avevi la magia dell’immenso dentro. Muto, stupìto, colmo di meraviglia. Tu eri parte di quell’immenso. Eri immenso.
Oggi, stanotte penso a quegli uomini e a quelle donne. Quanto più vibrante, certamente più precaria, ma immensamente più profonda e densa, doveva essere la loro esperienza esistenziale. E quale poca cosa è adesso, per buona parte degli uomini e delle donne di oggi, che passeggiano la domenica pomeriggio in un centro commerciale. Certo, guidano macchine, usano telefoni, maneggiano marchingegni, salgono su aerei, scrivono su tastiere. Del cui funzionamento non sanno nulla. Nulla di nulla. Ci scivolano sopra come sonnambuli la cui unica prerogativa è poter fare tante cose. Ma la magia è morta, la meraviglia è andata, lo stupore addormentato. L’immensità svanita.
Solo la scienza può risvegliarla. Paradosso, sì. Perché è stata la scienza a spiegarci che Dei e Demoni e Spiriti non sono ciò che fa muovere il Cosmo. E apparentemente questo ha ucciso la magia. Ma se fai qualche passo oltre, se non ti fermi a una puntata distratta di Quark, ecco che allora quel mistero riprende a cantare forte, quella meraviglia per ciò che stiamo scoprendo si innalza ancora possente nel cuore, oltre che nella mente. Perché per ogni meta raggiunta, un orizzonte infinito si apre, un orizzonte infinito di altre domande. Domande, e altre domande. E non finiscono più quelle domande, questi orizzonti multipli; non cessano di apparire ed espandersi e stupirci. Al punto che ti fermi, ubriaco, e ti dici: “Ma…dove siamo? Che cos’è…tutto questo?”. Ed ecco, sei tornato accanto a quel tuo fratello di 120.000 anni fa tutto stupore e meraviglia. Eri stato cacciato dal Paradiso Terrestre, dall’ohhhhh!, dalla tua innocenza che era immensità dentro di te, sì. Ma quell’Albero della Conoscenza per cui hai lottato, per cui sei diventato Uomo, ecco che te lo ha restituito amplificato, decuplicato, ancor più ampio, e selvaggio, e magico.
Se non lo fai, però, questo passo, se te ne resti incatenato al vortice che ti risucchia nel consumo, nel puro consumo, giorno dopo giorno, supermercato dopo supermercato, drink dopo drink, chat dopo chat, pratica dopo pratica, allora ogni magia sparisce. E’ come se quel meraviglioso abisso che dentro te canta la poesia stessa dell’esistenza, la sua bellezza sfolgorante, il suo mistero ipnotico, si chiudesse e livellasse una superficie banale. In te. Non sei più quell’immenso. Non ne fai parte. Non fai parte del mistero, della grande sinfonia della vita.
Allora anche il più piccolo tra quegli uomini e donne che ti hanno preceduto nella notte dei tempi, uno qualunque tra quelli, che alzava gli occhi ammutolito a una luna come questa, è immensamente più grande di te.
Perché stai dormendo. Uno stupido sonno.
Svegliati!
Sei dentro un miracolo.
Un Grande Ohhhhh!
Dentro quell’Ohhhhh, sei ogni cosa, sei tutto.
Fuori, sei poca roba.
Niente.
Svegliati!
É sempre un’ emozione leggerti .